a cura di Giuseppe Crimi e Monica Venturini*
Roma, 13 gennaio 2025 - Non tutti sanno che Luigi Pirandello, il grande scrittore e drammaturgo, ha insegnato, tra gli anni 1898 e 1922, “Linguistica e stilistica” al Magistero femminile romano, poi diventato l’Università degli Studi Roma Tre. Durante gli esami il professor Pirandello disegnava sui verbali. E qualche volta, con questa sua “stranezza”, contagiava i colleghi.
L’attività accademica dello scrittore girgentino era già stata indagata da Salvatore Comes nel suo Il professore Luigi Pirandello (1968), e ultimamente ripresa nel corso delle indagini legate all’Edizione Nazionale dell’opera omnia pirandelliana, presieduta da Aldo Maria Morace e in corso di pubblicazione per Mondadori.
La scoperta, avvenuta insieme con Manuela Riosa, Responsabile della Biblioteca di Area Umanistica “G. Petrocchi”, nasce da un progetto per valorizzare le ricerche pirandelliane che da anni conduciamo e, al contempo, per ricordare e ricordarci le origini del nostro Ateneo: allestire in biblioteca, una delle otto di Roma Tre, una mostra su Pirandello docente. Abbiamo qualche preziosa prima edizione tra gli scaffali, ma non basta. Così decidiamo di recuperare materiale archivistico, soprattutto amministrativo. Dopo una serie di tentativi a vuoto, arriviamo, finalmente, all’Archivio della Segreteria Studenti. E si sa: gli archivi, se bene esplorati, non deludono mai.
La polvere vela i registri di più di un secolo fa, che qui devono aver dormito parecchio e indisturbati. Le pagine accolgono i verbali degli esami sostenuti dalle studentesse, molte delle quali poi diventate maestre, alcune scrittrici. E però, con nostra soddisfazione, il nome di Pirandello compare subito: si ripete con frequenza accanto a quello di altri colleghi e altre colleghe: Maria Montessori, Luigi Capuana, Evangelina Pagano, Manfredi Porena, Giuseppe Aurelio Costanzo, Nicola D’Alfonso. Le firme, nel corso degli anni, si avvicendano. Raccontano di sedute di esami, probabilmente lunghe e faticose, come succede ancora oggi. Continuiamo a sfogliare: sfilano davanti agli occhi liste di nomi di commissari e di studentesse, anni accademici diversi, qualche traccia di temi da svolgere, segni di matita rossa che si alternano a quelli con matita blu. Dopo pagine e pagine segnate dal passaggio monotono delle grafie svolazzanti, giunge la sorpresa. Alcuni verbali vengono attraversati da disegni bizzarri, caricature di uomini e di donne, animali, oggetti insoliti. L’ufficialità dei documenti rende ancora più sorprendente questa insolita intrusione creativa, che, in alcuni casi, non presenta uno stile omogeneo. E, però, dove compaiono i disegni la firma del professor Pirandello, puntualmente, non manca mai. Potrebbe essere stato il responsabile di questo il futuro premio Nobel per la Letteratura? Lo scrittore disegnava e si dilettava di pittura – come insegnano numerosi contributi, tra i quali il volume di Carlo Di Lieto, intitolato Luigi Pirandello pittore (2012) –, e si divertiva a realizzare caricature. Per esempio, Pirandello commentò con disegni caricaturali l’edizione del 1889 delle Elegie di Mario Rapisardi (l’esemplare dello scrittore è oggi conservato presso l’Istituto di Studi Pirandelliani e sul Teatro Contemporaneo di Roma, di cui è Presidente Annamaria Andreoli). Un caso che ha attirato persino l’attenzione di Giovanni Macchia. E a proposito della caricatura – letteraria – Pirandello scriveva, nell’Umorismo (1908), che «chi voglia imitare un altro, bisogna che ne colga i caratteri più spiccati e su questi insista: tale insistenza genera inevitabilmente la caricatura». Discorso che potrebbe valere anche per il versante figurativo.
Per tornare ai nostri verbali, in effetti, alcuni soggetti dei disegni farebbero pensare proprio a Pirandello: ritratti, dettagli, figure che ricorrono anche nei suoi testi narrativi e teatrali.
Tutti presupposti e indizi senz’altro importanti, che però non sono pienamente sufficienti per attribuire i disegni, o almeno una parte di essi, allo scrittore. A guardare con maggiore attenzione, i verbali recano talvolta, tra i membri della commissione, la firma di Manfredi Porena (1873-1955), importante filologo e docente di Lingua e Letteratura italiana al Magistero, di cui diviene poi Preside. Con trascorsi da pittore, interesse in comune, tra l’altro, con il fratello, Amerigo. Dopo un facile riscontro, ci assicuriamo che i disegni, nei registri, compaiano anche quando Porena non aveva ancora preso servizio al Magistero, prima del 1909.
Di fronte a un quadro così mosso e segnato da alcune contraddizioni ancora da mettere a fuoco qualsiasi studioso inviterebbe alla cautela: per attribuire ogni singolo disegno a Pirandello è necessaria un’indagine stilistica, sostenuta da un confronto con il materiale già noto.
A dirimere alcuni dei dubbi principali, fortunatamente, è Porena stesso, collega e amico intimo dello scrittore, come emerge dalle lettere tra i due, pubblicate da Elio Providenti su «Nuova Antologia» (2022). Porena, nell’articolo commemorativo Luigi Pirandello scolaro e maestro nell’Università di Roma, pubblicato su «Vita universitaria», il 20 dicembre 1936, scrive, in maniera tanto puntuale quanto commovente, di Pirandello “pupazzettista”, ossia ‘caricaturista’: «E, a proposito di ristoro, voglio ricordare uno svago prediletto di Pirandello quando, nelle lunghe sedute di esami orali, era commissario ma non gli toccava di interrogar lui direttamente; ed era di disegnare pupazzetti d’ogni specie sui verbali stessi degli esami, pur senza distrarre l’attenzione dal colloquio del candidato col collega esaminante. Non possedeva la tecnica del disegnatore, e il tratto e il tocco erano assolutamente da profano; ma in quei pupazzetti c’era spesso un’anima e un significato. Tali verbali abbondantemente illustrati, debbono giacere in gran numero negli archivi della segreteria; e potranno, chissà, offrire un giorno materia d’un saggio su Pirandello pupazzettista a un futuro critico, o per una tesi a un futuro laureando. Ai quali peraltro avverto fin d’ora, che qualche volta, eccitati e messi di buon umore dal suo esempio, usciva qualche pupazzetto anche dalla penna mia e, più ancora e con ben altra perizia d’arte, del nostro carissimo collega Fleres: che il futuro scrittore non corra il rischio di trovare le impronte della personalità inconfondibile di Luigi Pirandello in disegni non suoi!» (corsivo nel testo).
Le parole di Porena ci aiutano a capire meglio il rebus e ci invitano a muoverci con ulteriore cautela nelle attribuzioni. E, inoltre, spalancano la porta di un mondo non del tutto noto, fatto di amicizia, solidarietà e complicità, svelando le abitudini comuni negli anni trascorsi insieme al Magistero in compagnia di figure essenziali – Ugo Fleres (1857-1939) innanzitutto, docente di Storia dell’arte, animatore di un cenacolo artistico-letterario che avrà un ruolo importante tra fine Ottocento e inizio Novecento – per il percorso letterario e artistico di Pirandello. Ne ha parlato, di recente, anche Francesca Tomassini nel contributo Gl’inseparabili: Pirandello e Fleres tra scrittura e pittura (2018).
I disegni nei verbali, però, suggeriscono anche altro, ossia che Pirandello sposta una propensione e una pratica da un contesto privato a uno spazio ufficiale, istituzionale, accademico: non soltanto svago o goliardia, ma pure un tentativo di fuga e un’insofferenza, che il “figlio del Caos”, come egli stesso si era definito, tratteneva a fatica sotto gli abiti borghesi.
Considerazioni preliminari, certo, che potranno spingersi oltre grazie all’esame in corso del materiale, che sarà pubblicato in un catalogo e esposto in occasione di una mostra che prossimamente avrà luogo a Roma Tre.
*Giuseppe Crimi e Monica Venturini sono docenti, rispettivamente, di Letteratura italiana e Letteratura italiana contemporanea presso il Dipartimento di Studi Umanistici.
Link identifier #identifier__29878-1Fig.1 - giugno 1908
Link identifier #identifier__198172-2Fig. 2 - giugno 1911
Link identifier #identifier__186616-3Fig. 3 - giugno 1912